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La miosite autoimmune è un disturbo di natura reumatica che colpisce il muscolo, la cute o entrambi (dermomiosite). La malattia causa infiammazione e degenerazione progressiva dei muscoli, con ipostenia (debolezza muscolare), dolore, atrofia e fibrosi muscolare (sostituzione delle fibre del muscolo con tessuto cicatriziale), specialmente nelle zone del muscolo localizzate vicino alle articolazioni. Le cause della miosite risiedono in una attivazione del sistema immunitario in soggetti geneticamente predisposti (è stata rilevata un’associazione con alcuni HLA); tuttavia, la causa scatenante può essere rappresentata anche da un’infezione virale o un tumore maligno, senza la quale la malattia potrebbe rimanere latente. Esami istologici hanno dimostrato che nei muscoli dei pazienti colpiti da miosite autoimmune, il danno è mediato dai linfociti T citotossici CD8+, che insieme ai macrofagi aggrediscono le fibre muscolari provocando diversi gradi di infiammazione e di atrofia; i più colpiti sono i muscoli scheletrici (cuore, esofago, faringe, polmoni) mentre i muscoli di mani, piedi e viso sono interessati in misura minore.

La terapia della miosite autoimmune consiste in immunosoppressori, corticosteroidi ed immunoglobuline, allo scopo di sopprimere l’azione dei linfociti e controllare infiammazione e degenerazione muscolare. Purtroppo, circa il 75% dei pazienti necessita prima o poi di una terapia immunosoppressiva di qualche tipo, per evitare che la morte delle cellule muscolari causi invalidità permanente. Alla domanda se esistano o meno terapie alternative o coadiuvanti non è facile rispondere: il sistema immunitario rappresenta un’entità complessa ed estremamente articolata, mutevole piuttosto che statica, in continua evoluzione anche nei suoi rapporti con le patologie sistemiche; lo scopo di una terapia è trovare un equilibrio tra attività immunitaria e protezione da questa stessa attività che, come nel caso della miosite, danneggia l’organismo stesso. Gli immunomodulanti sono la soluzione migliore per affrontare patologie causate da una deregolazione del sistema immunitario, ma ad oggi non esistono farmaci immunomodulanti veri e propri, anche se sono stati caratterizzati alcuni promettenti composti che sembrerebbero avere un’azione di questo tipo. Uno spunto ci viene in aiuto dalla medicina tradizionale che, al contrario di come molti pensano, non si pone affatto in contrapposizione con la medicina ufficiale. Solo negli ultimi decenni abbiamo compreso l’attività benefica di molecole nutraceutiche come AHCC nei confronti di patologie infiammatorie. Anche nelle malattie autoimmuni infatti l’infiammazione rappresenta la componente maggiore, in grado di danneggiare la funzione tissutale e richiamare altre cellule che a loro volta perpetuano la flogosi ed il danno.

L’azione di AHCC sul sistema immunitario non è del tutto compresa. Derivato da un estratto del micelio del fungo giapponese shiitake, AHCC (Active Hexose Correlated Compound) è un immunomodulante naturale composto da una miscela di frazioni attive di glucani (molecole di zuccheri) il cui ruolo nel rafforzare e supportare il sistema immunitario è stato clinicamente dimostrato. In alcuni studi, AHCC ha regolato il numero e le funzioni delle cellule immunitarie Natural Killer e T, ad esempio aumentando il numero di citochine e stimolando l’azione del sistema immunitario; ad esempio, i soggetti che avevano assunto AHCC le cellule T (sia CD4+ che CD8+) producevano più IFN-gamma e TNF-alfa rispetto ai valori basali ed il loro aumento è rimasto costante anche dopo l’interruzione dell’assunzione. In un altro studio che valutava gli effetti dei glucani attivi sulla risposta immunitaria, AHCC aveva aumentato il livello di cellule dendritiche (coinvolte nell’immunità specifica). Questi studi hanno fornito un’ottima base per la comprensione dei meccanismi immuno-mediati da AHCC e delle possibili implicazioni cliniche.

I linfociti T sono una componente dell’immunità adattativa essenziale per la difesa contro i microrganismi e le neoplasie maligne, ma nelle patologie autoimmuni rappresentano anche la classe più pericolosa di cellule. Specialmente i linfociti T CD8+ possiedono enzimi citotossici, in grado di uccidere le cellule erroneamente classificate come bersaglio; uno studio riporta che gli oligosaccaridi contenuti in AHCC influenzano tale risposta citotossica. Somministrando a volontari sani AHCC ogni giorno, è aumentata sia la quantità di macrofagi e cellule dendritiche, sia la frequenza di linfociti T CD4+ e CD8+ in grado di produrre citochine come TNF-alfa, IL-17 e IL-8 attraverso la modulazione delle pathways NFkB e MAPK. Nel complesso, i dati supportano il fatto che AHCC può modificare l’attività delle cellule T, attivando le cellule immunitarie innate le quali possiedono la capacità di promuovere l’attivazione delle cellule T.

Alla luce di queste evidenze scientifiche, che mostrano la capacità di AHCC di stimolare l’attivazione immunitaria a diversi livelli e la produzione di citochine, la somministrazione di AHCC ai pazienti affetti da malattie autoimmuni (come la miosite) richiede cautela. Una delle citochine la cui secrezione è stimolata da AHCC, ovvero il TNF-alfa, è anche uno dei bersagli preferiti nelle malattie autoimmuni (i cosiddetti farmaci biologici anti-TNF); quindi, prima di iniziare ad assumere un integratore di AHCC, è preferibile consultare il proprio medico per verificare che non vi siano controindicazioni e che l’integratore sia compatibile con le eventuali terapie prescritte.

 

Fonti:

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20732368/

https://www.nature.com/articles/nrrheum.2012.58

https://academic.oup.com/brain/article/142/9/2590/5536587

https://skeletalmusclejournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/s13395-015-0058-2

https://www.hindawi.com/journals/jir/2019/3758576/



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